La fine del secolo breve ha comportato grandi cambiamenti anche in quella affinità elettiva che è il modo di pensare tra la gente nelle varie etnie: vecchie barriere si sono infrante, nuovi spiragli di vita e di comunicatività si sono affacciati alla nuova era portando con sé un iniziale ottimismo e aspettative di rinascita individuale e collettiva. La cooperazione tra stati nell'avvio dell'epoca globale ne è stata il suggello universale lasciando solo un dubbio: perché la guerra? Nessuna risposta sembra ancora abbastanza plausibile per abbracciare definitivamente questo nodo cruciale della nostra civiltà. Riaffiorano così il non detto, le parole di circostanza, il vuoto esistenziale, la paura del domani, il delirio inenarrabile e la frustrazione dovuta al senso di impotenza. Chi scrive registra i riverberi, le sfumature tonali di certe discordanze, a volte riesce a comporre una nuova armonia di suoni elementari che ricompongono la vita in ogni sua espressione. Come un vagabondo dell'era rimontante l'autore diventa testimone suo malgrado di avvenimenti che scuotono la storia e le coscienze individuali in uno stesso intreccio vorticoso: nascono nuove trame e altri versi ma tra il pensiero e lo scritto scorre già il tempo. L'illusione di fermare il tempo si concretizza nella suddivisione temporale delle varie sillogi, quasi per mappare un percorso in divenire che tuttavia non vuole cristallizzarsi nel suo fluire. I vari anni in apertura si susseguono così lasciando spazio alle dovute congetture.