La guerra ha lasciato la piccola città sulla collina, il frastuono è passato e anche se le notizie dal fronte ormai lontano ne portano ancora l’eco, l’insopprimibile soffio della vita riemerge dalla terra, torna a percorrere con le sue antiche superstizioni e leggende i borghi, le chiese, le grandi stanze in penombra delle vecchie ville. Nascono nuovi amori, tornano rancori mai dimenticati. Con la stessa voce ferma e pacata di Amici per paura, Ferruccio Parazzoli ne riporta sulla scena il piccolo protagonista, Francesco. Ma il tempo è passato, anche pochi anni cambiano la vita di un bambino. Ora il suo sguardo è quello di chi, fatto l’ingresso nella iniziatica età dell’adolescenza, scopre e giudica fatti e sentimenti suoi e degli altri, anche di quegli amici che non faranno più parte della sua vita futura. Il racconto è, infatti, una sillabazione di addii immersi in una quotidianità apparentemente normale in quel momento di smarrito risveglio dal sogno-incubo della guerra, e che oggi torna, nel ricordo, come sorprendente e fantastica.