Conversazioni sul Vangelo di San Giovanni

Tenute con alcuni fratelli di Roma tra il 1982 e il 1984

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Si può prendere il Vangelo di Giovanni alla lettera? «Si può e senza recare la minima offesa alla nostra ragione e alla nostra indagine seria del fatto storico, perché Giovanni era un semita e i semiti hanno il dono di una memoria tenacissima, Giovanni era un analfabeta el’analfabeta non è distratto dalla scrittura e vive dell’ascolto, Giovanni era vecchissimo e la vecchiaia fa ritrovare i ricordi dell’infanzia e della gioventù, ma soprattutto, Giovanni nell’atto di scrivere era mosso, assediato dallo Spirito Santo il quale era padronissimo di fargli ricordare tutto». Giuseppe Sandri dall’età di 43 anni fino alla morte visse come pellegrino itinerante per annunciare il regno di Dio. Negli ultimi tre anni, dal 1982 al 1984 qualcuno registrò nascostamente alcune sue conversazioni che poi furono trascritte. In questo libro sono stati raccolti e ordinati alcuni brani di quelle conversazioni che riguardano il Vangelo di san Giovanni. Di tanto in tanto sono stati aggiunti, come ulteriore contributo, alcuni passi tratti da pubblicazioni curate da Sandri (Lettere da Stibbio, Epistole e Vangeli dei giorni festivi, Lettere di san Paolo) e altri presi da suoi appunti inediti. Giuseppe Sandri nacque a Castel Viscardo (Terni) il 4 luglio 1906. Ordinato sacerdote nel 1928, conseguì la laurea in Teologia e in Diritto canonico. Nominato segretario alla prima nunziatura d’Italia nel 1929, si ritirò dopo alcuni mesi passando a un incarico nella Congregazione dei seminari. Amico intimo di don Giuseppe De Luca, divenne suo stretto collaboratore nella casa editrice Storia e Letteratura della Pietà da questi fondata e, al tempo stesso, partecipava ad attività pastorali in varie parrocchie romane. Dall’amicizia fraterna con De Luca ricevette una luce nuova che diede una svolta alla sua vita spirituale. Confesserà molti anni dopo: “Io sono diventato cristiano quattro anni dopo essere diventato prete”. Fu una irruzione del regno di Dio in tutta la sua felice radicalità. All’età di 30 anni rinunciò al titolo offertogli di monsignore suscitando un certo clamore negli ambienti curiali e da quel momento cominciò a sentire l’impulso a vivere senza titoli né gradi. Nel 1949 ottenne da Pio XII di ritornare allo stato laicale. Da allora condusse una vita di povertà evangelica alternando periodi di eremitaggio dedicati alla traduzione dei Vangeli e di san Paolo, a periodi di viaggi per portare la Buona Notizia del Regno agli ultimi come egli stesso attesta: “Ho avuto la netta sensazione di ritornare allo stato di base della mia fede e trovarmi a tu per tu con i fratelli di fede e con gli altri, indipendentemente dal grado, che a quell’epoca aveva una certa autorità”. Morì a Pompei in casa di amici il 30 marzo 1985.

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