Una principessa romana, un protagonista dell’arte del Novecento, una passione rapinosa, la prima guerra mondiale, un tragico incidente – e un fascio di lettere occultate per quasi un secolo: una combinazione di elementi che sembrerebbe troppo carica per un romanzo. Ma talvolta la realtà ignora questi divieti. È ciò che ha constatato Marella Caracciolo Chia allorché ha avuto accesso a quanto rimane della passione che legò Vittoria Colonna al pittore Umberto Boccioni. Quando incontra Boccioni, Vittoria ha trentacinque anni, e da quindici è la moglie di Leone Caetani di Teano. Una unione, la loro, che suggellava il riavvicinamento fra due grandi dinastie romane acerrime rivali sin dal Medioevo – e tuttavia non esattamente felice: lei passa gran parte del suo tempo viaggiando per l’Europa e frequentando il gran mondo; Leone si occupa delle sue terre di Cisterna o si dedica ai prediletti studi di islamistica. Nel giugno del 1916, mentre Leone è al fronte, Vittoria, in compagnia del figlio e di pochi domestici, trascorre le sue giornate nella quiete irreale dell’Isolino di San Giovanni, la più piccola delle Borromee. Boccioni (che all’epoca ha trentatré anni ed è in attesa di tornare a combattere) è ospite dei marchesi della Valle di Casanova, sulla sponda orientale del Lago Maggiore. Dopo un primo incontro dai Casanova, il tormentato Boccioni e la irrequieta nobildonna si vedranno ogni giorno. Poi, nel corso del mese di luglio, l’artista sarà a due riprese ospite di Vittoria all’Isolino. L’ultimo soggiorno si conclude il 23 luglio; meno di un mese dopo, il 17 agosto, Boccioni morirà a causa di una caduta da cavallo. Nel suo portafogli verrà trovata l’ultima delle lettere ricevute da Vittoria. E sono state proprio le lettere che i due amanti si sono scambiati a permettere a Marella Caracciolo Chia di scrivere questo libro: che non è solo la storia di un amore breve e intensamente vissuto, ma anche il ritratto di un’epoca e di un mondo di cui l’autrice ci restituisce il fascino remoto.