Che ne è del carattere sperimentale ed empirico della ricerca in un’epoca di omologazione crescente? Questo interrogativo guida le conversazioni tra Pier Luigi Crosta e Cristina Bianchetti sulla ricerca territoriale intesa come fare guidato da una soggettività mossa da affetti e relazioni. Lo scopo del libro è mettere in evidenza gli snodi principali della traiettoria di studio di Pier Luigi Crosta: una traiettoria originale, mai ideologica e per qualche aspetto eversiva, che ha caratterizzato il panorama degli studi sulle politiche pubbliche in Italia, delineandosi al di fuori di preoccupazioni accademiche. Un percorso segnato da uno strenuo empirismo e da vere e proprie tattiche del dissenso: disaffezione rispetto ai propri stessi giudizi; diffidenza nei confronti delle teorie; apprezzamento dell’improvvisazione e dell’anomalia; uso di concetti come scollegamento e disgiunzione; attenzione ai concetti di utile, utilizzazione, uso e ai loro legami; attenzione ai nessi tra familiarità e innovazione; rottura delle sequenze, per cui a una cosa può, o non, succederne un’altra. L’obiettivo di fondo è rilanciare una concezione libera e plurale della ricerca. In un’ottica in cui è cruciale il richiamo a Hirschman, alla sua curvatura intellettuale. Questo volume ribadisce che la ricerca è un intreccio mobile e non del tutto razionalizzabile e formalizzabile di interessi, motivazioni, conoscenze e convinzioni. E che può tornare a essere affermativa, capace di rispondere a orizzonti aperti che non la consegnino al nichilismo o alla malinconia.